Andrew Bird – Hands of Glory (Recensione)

Andrew Bird – Hands of Glory (Recensione)

2017-11-08T17:15:50+00:0030 Ottobre 2012|


Andrew Bird_Hands of Glory
Il menestrello di Chicago torna alle sue origini folk con questo secondo album del 2012, che e' il compagno autunnale e intimista del precedente Break It Yourself.

7,5/10


Uscita: 30 ottobre 2012
Mom+Pop Records
Compralo su Amazon Audio CD | Box

 

Il signor Bird non ha finito di regalarci musica per quest'anno. Dopo l'incantevole Break It Yourself, che portava con sè la delicatezza e la leggerezza della primavera in cui è uscito, ora è il turno di Hands Of Glory, il suo compagno autunnale. Questo secondo disco del 2012 si differenzia infatti dal primo così come la stagione delle foglie dorate è lontana dalla primavera, eppure allo stesso tempo sembra completarlo, come se fossero stati concepiti insieme, l'uno l'inevitabile seguito dell'altro. La maggior parte delle otto tracce contenute nel disco sono cover di autori della tradizione folk e country americana come Townes van Zandt, Handsome Family e Alpha Consumer, che Andrew Bird e i suoi hanno presentato dal vivo nel tour primaverile; entusiasti di come venivano accolte dal pubblico hanno deciso di registrarle insieme a un paio di brani originali, tra cui una reinterpretazione di Orpheo Looks Back già presente nell'album precedente. Bird quindi scende dal palco e torna alla terra, precisamente al cortile, lì dove il virtuoso violinista affonda le sue radici culturali, e ci regala otto pezzi essenziali e sinceri, interpretati con il tocco leggero e un po' obliquo che da sempre lo contraddistingue.

Hands Of Glory si discosta dalle atmosfere eleganti e luminose dell'album precedente e lascia da parte la complessità raffinata degli ultimi tempi, ricordando se mai i suoi primi album. Andrew preferisce andare alla ricerca di un'atmosfera più vera, quasi rurale ma anche più misteriosa e oscura, che è resa non solo da una netta riduzione degli strumenti utilizzati ma anche dai testi, di una semplicità disarmante ("If I needed you would you come to me and ease my pain?" canta in If I Needed You). Se il disco appare così genuino e sincero è senza dubbio merito anche della sua realizzazione: è stato registrato infatti con strumenti esclusivamente acustici durante alcune torride giornate estive trascorse tra una di chiesa di Louisville e un granaio lungo il Mississippi. Nelle interviste dei giorni scorsi, il cantautore ha raccontato che la registrazione è avvenuta in presa diretta con tutta la band riunita attorno ad un unico microfono, e solo alla fine è stata aggiunta la batteria di Martin Dosh.

Mancano quasi del tutto i momenti di poli-strumentismo, i loop di violini e i pezzi sovraregistrati che hanno caratterizzato il suo stile. E soprattutto manca il fischio: per la prima volta in sette dischi Bird non fischia mai, se si esclude una manciata di secondi nel finale di Beyond the Valley of the Three White Horses. Quello che rimane è il violino, protagonista assoluto di questo nuovo disco: lo strumento viene usato non solo in chiave folk, ma soprattutto blues, una novità nel catalogo del cantautore di Chicago. Inoltre gli strumenti a corda (violini, ma anche chitarre) riempiono l'aria di presenze sinistre e misteriose, come nell'apertura di Three White Horses, dove ci sembra di avvertire dietro la voce limpida di Andrew la presenza di fantasmi nascosti. Spiriti maledetti e ammalianti sono evocati anche dalla chitarra e dai cigolii dei violini nella cover di When That Helicopter Comes della Handsome Family.

Dal punto di vista vocale Bird rimane sempre impeccabile, sia quando si misura con un brano della tradizione bluegrass come Railroad Bill, che parla di whiskey e di pistole, sia quando rilegge la sua Orpheo, il cui titolo tagliato sembra preannunciare l'essenzialità della nuova versione rispetto all'originale. Il vero gioiello del disco rimane però If I Needed You, pezzo struggente e romantico conosciuto soprattutto nella versione di Emmylou Harris e Don Williams: Andrew sembra duettare a cuore aperto con il suo violino, regalandoci un'interpretazione preziosa, in grado di confortare l'anima dell'ascoltatore in queste prime fredde giornate d'autunno.

Hands of Glory è sicuramente un disco inaspettato: è il lato più autentico ed autunnale ma anche più fumoso e misterioso di Break It Yourself, in cui Andrew Bird conferma la sua grande abilità nel passare dalle melodie raffinate alla tradizione country, rimanendo però sempre il menestrello gentile che conosciamo.

Vi ricordiamo che Andrew Bird sarà in Italia a novembre per un'unica data live: i biglietti sono disponibili su Ticketone.