Indiemood Sessions Vol. 12 – artemoltobuffa

Indiemood Sessions Vol. 12 – artemoltobuffa

2015-03-23T11:45:38+00:0023 Marzo 2015|

 

Per questo appuntamento delle nostre Indiemood Sessions, siamo lieti di poter ospitare Artemoltobuffa, progetto del cantautore Alberto Muffato, con già un buon numero di LP al suo attivo a partire dai primi anni 2000, fino all'ultimo Las Vegas nel bosco (2014), prodotto da Fabio De Min dei Non voglio che Clara.

Nel video qui sotto (realizzato come al solito da Indiemood Press Office), Alberto ci canta la title-track del suo ultimo lavoro a bordo della barca restaurata dall'associazione Il Caicio. A seguire trovate anche la nostra intervista: buona visione e buona lettura!

Ciao Alberto, iniziamo col parlare del tuo progetto, come è nato?

È nato poco dopo il 2000 con l'acquisto di un registratore Tascam a quattro tracce, di quelli con la musicassetta a nastro – del tipo che ora serve da logo a Indiemood, per intenderci. Allora mi piacevano i Pavement (di coincidenza in coincidenza, proprio quelli di Gold Soundz…), i Guided by Voices, i dEUS, Mark Linkous, e volevo provare a trasportare quel tipo di sonorità sul terreno della canzone d'autore italiana. Così ho cominciato a scrivere e incidere i primi brani, a far girare demo casalinghe malregistrate tra amici e webzine. Da lì è iniziato tutto.

Il tuo esordio nell'underground risale al 2002, quindi puoi vantare una lunga permanenza in questo panorama. Nel corso di quasi quindici anni come è cambiato il contesto in cui si fa musica underground?

In realtà, un po' per limiti caratteriali miei, un po' per scelta, ho sempre tenuto una posizione piuttosto defilata. Non mi sento perciò davvero in grado di dare un giudizio su un'ipotetica scena. Di sicuro viviamo in un periodo in cui la produzione/autoproduzione (e, parallelamente, la promozione/autopromozione) musicale è sempre più sovrabbondante, tutti scrivono e parlano di musica ma pochi – almeno così mi pare – ascoltano con attenzione. Diventa difficile orientarsi all'interno di un panorama così vasto, affollato di mille proposte che tramite il web e i social network si affiancano l'una all'altra senza filtro.

Le tue sonorità si legano molto ad un ascolto “di nicchia”, sebbene il cantautorato ha, più di ogni altro genere, la possibilità di arrivare a tutti. Pensi che oggi la musica abbia un po' perso il ruolo aggregante che ha avuto in molte stagioni della nostra storia?

Non saprei. Di sicuro non mi considero un autore di nicchia, o per lo meno non ho mai scritto canzoni pensando a un circolo di persone, o a un pubblico esclusivo. Ma in generale non mi pongo il problema del 'ruolo' che la musica deve avere: sono questioni che dovrebbero interessare gli antropologi, i musicologi, i sociologi. Il cantautore è solo uno che ogni tanto scrive una canzone. Che poche o tante persone si riconoscano in quello che fa è un fatto imprevedibile, che in una certa misura nemmeno dovrebbe riguardarlo. Almeno secondo me.

Rimanendo nell'ambito della comunicatività diretta, nei tuoi testi vengono raccontate storie normali che potrebbero capitare a chiunque (penso a Fino a lunedì, per fare un esempio), ma molti cantautori o comunque musicisti che cantano in italiano preferiscono elaborare dei testi criptici. Tu come ti approcci al testo? Che funzione gli dai?

Senza testo non c'è canzone, dunque le parole sono importanti. Per il resto anche qui non mi pongo il problema della semplicità del testo, ma quello della sua appropriatezza… Tempo fa leggevo un'intervista in cui David Berman dei Silver Jews si avventurava in un ardito paragone sportivo: testo e musica hanno per la canzone lo stesso ruolo che difesa e attacco hanno per il gioco di squadra. La difesa (il testo) è fondamentale per non perdere la partita (per non scrivere una brutta canzone), ma se vuoi vincere il campionato (se vuoi provare a scrivere belle canzoni) allora devi saper attaccare! Io mi difendo bene, di solito, e di tanto in tanto provo il contropiede.

Nella registrazione dei tuoi dischi ti avvali spesso della collaborazione di altri musicisti. Con loro instauri un rapporto “aperto” di collaborazione all'arrangiamento dei brani? Insomma, anche se sei un solista si potrebbe parlare di un lavoro collettivo?

Io di solito arrivo alla registrazione del disco con un'idea vaga di come dovrebbero suonare certi brani, ma molti dettagli restano piuttosto sfocati o addirittura mancano. Essendo poi del tutto ignorante in fatto di produzione, non sono in grado di avere controllo sul processo produttivo che conduce al disco. È per questo che la collaborazione con altri musicisti e con il produttore diventa fondamentale e in effetti, come tu suggerisci, per Artemoltobuffa si può parlare di un lavoro collettivo.

Cosa hai in mente per i tuoi progetti futuri?

Conto di riprendere a scrivere quest'estate, con la massima calma. Forse anche di fare qualche concerto con una full band. Per un nuovo disco comunque ci sarà da attendere un po'.

Vi ricordiamo che Las Vegas nel bosco è disponibile su Amazon.