Intervista: Max Collini degli Offlaga Disco Pax

Intervista: Max Collini degli Offlaga Disco Pax

2019-06-05T14:11:09+00:0017 Settembre 2012|

Max Collini-Offlaga Disco Pax

Dopo essersi tolti lo sfizio di mettere per la prima volta il naso oltre frontiera suonando ad un festival in Brasile, gli Offlaga Disco Pax sono tornati in tour per promuovere il loro terzo album Gioco di Società. Abbiamo parlato della loro prima apparizione televisiva, del nuovo disco e di molto altro con Max Collini, frontman della band reggiana, in occasione del loro concerto alla Festa Democratica (o dell'Unità, come preferisce Max…) di Padova.

Siete stati in Brasile recentemente e vi abbiamo visti anche suonare per la prima volta in televisione. Come è stata questa esperienza?

Fantastica! Non abbiamo mai suonato neanche nella Città del Vaticano, neanche a San Marino, anche se il mio sogno era esordire all’estero a Capodistria, ma nemmeno lì ci hanno mai chiamati! Invece di esordire a Lugano, come fanno tutti i gruppi che usano l’italiano, abbiamo esordito a San Paolo del Brasile. Se uno ci pensa non ci può credere. Esperienza molto bella, molto formativa, anche se abbiamo trovato un pubblico certo non di grande dimensioni.

Non avete riempito il Maracanà, insomma…

Abbiamo riempito un piccolo teatro, che però era molto interessato a vedere una cosa che viene dall’Italia, che non conoscevano,. Chi conosceva gli Offlaga in quella sala saranno state 10-15 persone, qualche italiano che era là e che ci conosceva già, qualcuno per sentito dire e poi certamente un pubblico di brasiliani, ma è meglio così secondo me.

Come avete avuto questa opportunità di suonare in Brasile?

Noi non abbiamo cercato date all’estero, non abbiamo distribuzione, non siamo conosciuti, per cui nemmeno il nostro booking e la nostra agenzia di concerti. E’ una richiesta che è arrivata dal direttore artistico di questo grande festival che si fa a San Paolo nel loro inverno, che è una specie di primavera italiana. Volevano un progetto spoken word per una parte del programma del festival che era legata a musica e letteratura: ci ha trovato, ha capito il progetto, si è reso conto che il progetto comunque in Italia aveva un suo seguito e una sua importanza, non era una roba troppo di nicchia, aveva una sua credibilità. Ha scelto di portarci a San Paolo, ha chiamato la nostra agenzia di concerti, ci ha chiesto l’ingaggio e se volevamo andarci. Noi abbiamo detto “veniamo molto volentieri”, ed è stato molto professionale, bellissima esperienza. A corredo, per promuovere l’evento, l’ufficio stampa ci ha trovato questa comparsata televisiva live, due pezzi dal vivo in una tv all news brasiliana, una specie di CNN brasiliana alle 8 e 40 di sera. E’ come se in Italia gli Offlaga fossero andati in diretta su RaiNews 24 o TgCom24 alle 8 e 40! Impensabile.

Mentre qui non vi hanno mai neanche chiamati a Quelli che il Calcio

13 minuti dal vivo, due pezzi anche lunghi. Però la percezione che abbiamo avuto noi è che là è una cosa normale e quindi la dice lunga su tante cose.

Il pubblico che c’era lì e che quindi non capiva i vostri testi come ha reagito ai brani?

Beh noi eravamo preparati a questa cosa qua, sapevamo che andavamo a suonare per un pubblico che non ci conosceva e l’organizzazione ha tradotto tutti i testi preventivamente in portoghese, li hanno trasmessi in un prompter in teatro in modo che il pubblico seguiva il testo anche in portoghese. Una cosa fatta molto bene anche tecnicamente, il testo seguiva sempre le parole mie, quindi non era invasiva. Se uno voleva ascoltare in italiano, lo poteva fare, se uno voleva capire cosa stavo dicendo leggeva in portoghese. Un’organizzazione perfetta.

A parte questo viaggio brasiliano, ora siete in giro di nuovo col tour: state già preparando nuovo materiale o per ora rimanete sui pezzi già editi?

Il nostro disco è uscito a marzo. Per quanto ci rendiamo conto che oggi i tempi artistici sono molto più veloci, siamo in giro da sei mesi con un disco nuovo e non abbiamo ancora avuto tempo di scrivere niente di nuovo.

Quindi di solito non componete niente mentre siete in tour?

No, e questo si vede anche nella nostra storia. Il terzo disco è uscito quattro anni dopo il secondo, e il secondo tre anni dopo il primo, quindi siamo abbastanza lenti, ponderati. Il tempo della valutazione e della composizione di solito è abbastanza staccato da quello del tour. Poi si può valutare, a volte capita. Però è troppo presto adesso, con un disco uscito da pochissimo, tra l’altro di materiale che era già nuovo,  visto che per il disco nuovo abbiamo usato materiale che non avevamo da parte da molto tempo. Noi abbiamo lavorato sul materiale nuovo nel 2011, quindi per noi  è roba nuova.

Stanno cambiando i pezzi durante le esibizioni dal vivo oppure rimangono sostanzialmente uguali?

Alcune strutture elettroniche sono abbastanza difficili da riadattare dal vivo, per cui come spesso succede con gli Offlaga i pezzi sono abbastanza simili ai dischi. La nostra idea è che tutto quello che facciamo sia poi riproducibile dal vivo, noi non portiamo quasi niente di basi sul palco, anche l’elettronica è tutta analogica e tutta suonata sul palco. Non ci sono programmatori pronti, eccetera. Quindi i pezzi sono abbastanza fedeli al disco, almeno in questa prima fase. Però come sempre poi si evolveranno, prenderanno vita propria, è inevitabile. Probabilmente ascoltare certi pezzi di qualche anno fa oggi, li ascolti su disco e noti che comunque hanno avuto un loro percorso..

Ad esempio Robespierre

Quella l’abbiamo riarrangiata parecchio, mentre invece per altri brani l’intervento è più limitato. D’altronde fare per tanti anni le stesse canzoni poi diventa anche noioso.

Come mai avete deciso di riarrangiare proprio il vostro brano più famoso, quello che forse grazie al video conoscono un po’ tutti?

La gente l’ha sentita talmente tante volte nella sua versione originale, che anche se gliene diamo un’altra versione (anche se poi non è così diversa) è anche bello da sentire. Se vuoi ascoltare l’originale metti su il disco…

E’ stata una scelta voluta, quindi?

Assolutamente sì.

L’EP che avete pubblicato prima dell’ultimo disco, Prototipo, ha influenzato i suoni di Gioco di Società?

Mah, considerando che il Prototipo è stato realizzato solo con tastiere Casio primigenie, e che di fatto nel nuovo album non c’è nessuna tastiera Casio, direi che non hanno molto in comune. In realtà Enrico [Fontanelli, ndr] ha lavorato molto sulla parte elettronica non analogica e penso che ci fosse un suo disegno estetico-musicale abbastanza definito. Io credo che a differenza degli altri due dischi Gioco di Società sia un disco piuttosto compatto e omogeneo, pur con tutte le varianti del caso, e penso lo sia anche dal punto di vista della scrittura del testo, che mi sembra un po’ più dimessa, meno vivace, con meno giochi di parole e più rigore narrativo. Questo magari può rendere i testi un po’ meno pirotecnici ma ho preferito privilegiare la storia invece dell’aspetto chiaramente formale del testo, l’aggettivazione un po’ originale. Ma non c’era un grande disegno a monte, è proprio un modo in cui si è evoluto il mio modo di raccontare.

Una domanda al Max Collini narratore: in un periodo in cui molti artisti della scena italiana si mettono a scrivere, non hai mai pensato di pubblicare anche tu un libro?

Assolutamente sì e penso che prima o poi lo farò. Ho anche un’idea per un romanzo nel cassetto da mille anni, però sono molto pigro e se devo dire la verità il mio ego è già abbastanza gratificato dagli Offlaga Disco Pax, per cui non sento l’esigenza di esprimermi così impellente…se verrà verrà. Ho anche ricevuto qualche proposta e interessamento ma in realtà scrivo molto poco e lo faccio principalmente per il gruppo che è la mia priorità, lo è sempre stata.

Se dovessi scriverlo sarebbe un romanzo o una raccolta di racconti?

Sarebbe più semplice per me fare una raccolta di racconti, magari citando anche qualche testo originario che poi per gli Offlaga è stato cambiato, sistemato… non lo so, ci penserò, non è un problema del presente. Ho pubblicato però una cosa in un libro che si intitola Cosa volete sentire per Minimum Fax, quello l’ho scritto appositamente per quel libro, mi è piaciuto molto farlo. E’ stata una cosa poco impegnativa ma molto divertente. In quello sono stato molto gratificato e sono andato anche a fare qualche presentazione, quindi non è detto che poi non mi venga voglia di fare qualcosa anche da solo, completamente. Lì è stato molto semplice: scrivi il racconto, ti mandiamo il bonifico, ci è piaciuto, lo pubblichiamo…

Fosse sempre così…

Sì esatto, però mi han dato poco…ci ho pagato la benzina per andare a presentare il libro quindi li ho già reinvestiti [ride]

Perché la casa editrice  in questo caso era piccola, però per un eventuale libro con Mondadori in futuro…

Non penso che a Mondadori gliene possa fregare un cazzo dei miei racconti [ride]. Mondadori avrei un po’ di ansia, forse mi vedrei meglio con un altro editore. Però vedremo: mai dire mai, dipende quanto è grosso l’assegno, non voglio fare il santarello [ride]. Diciamo che se volessi fare qualcosa di letterario per i cazzi miei, forse preferirei un altro editore.

Nell’ultimo album A Pagare e Morire… parla per la prima volta del lavoro che fai tutti i giorni, al di fuori del mondo musicale: l’agente immobiliare. Dopo tutti questi anni con gli Offlaga c’è ancora la speranza di far diventare la musica un lavoro a tempo pieno o ci hai rinunciato?

No, io non ce l’ho mai avuta, non me ne è mai fregato un tubo, ho iniziato a 36 anni quindi è un problema che non mi sono mai posto. Io non ho fatto il musicista con l’idea che avrei potuto sfangarla diversamente realizzando una mia tendenza artistica che fino a quel momento non aveva trovato riscontri. Io ho iniziato molto tardi, ad un’età in cui gli altri finiscono, non avevo mai avuto alcuna velleità di questo tipo, ho iniziato a scrivere intorno ai 30 anni. Io scrivevo racconti, non li ho mai mandati ad un editore, non avevo nessun tipo di necessità da questo punto di vista. Per cui non ho l’esigenza dentro di me di dire “Ah se andasse meglio ancora potrei smettere di fare il mio lavoro”, è una fortuna non doversi porre questo problema.  Siccome io non mi sono mai sentito un artista e anche adesso dopo tanti anni faccio fatica a sentirmi tale, non ho l’ansia da dire “devo campare con questo”. Mi piace fare questo, però non la sento come un’esigenza da dire “finalmente farò solo l’artista”.

Quindi ti vedi così anche nel futuro?

Penso di sì. La musica indipendente alla mia età devi stare molto attento, se le cose non vanno più bene a quarantacinque anni ricollocarsi nel lavoro è difficile…non è un problema che mi sono posto, forse perché quando ho iniziato avevo già il mio lavoro, le mie cose per cui sono riuscito sempre a farle funzionare insieme.

Questa sera anche qui alla festa del Pd ci sono molti stand di raccolta fondi per la ricostruzione in Emilia. Voi che siete una band emiliana molto collocata sul territorio, avete fatto un giro nelle zone colpite dal sisma o avete partecipato ad iniziative di questo genere?

Abbiamo partecipato direttamente ad un’iniziativa a Modena di raccolta fondi, siamo andati a suonare, che è la cosa che sappiamo fare meglio. Enrico so che è andato qualche giorno come volontario nella bassa modenese con i nostri tour manager.  A Reggio Emilia ha colpito pochissimo, però trenta chilometri più in là, nella bassa reggiana, nella bassa modenese è stata una tragedia veramente grandissima. Ci ha colpito anche umanamente, come esseri umani al di là di quello che puoi fare o non puoi fare. Siamo andati a fare iniziative in cui conoscevamo chi le faceva, potevamo fidarci. Il denaro raccolto è andato in mano al coro  delle mondine di Novi di Modena, per essere gestito lì poi per la scuola. Diciamo che sapere che i soldi che abbiamo raccolto quella sera li stanno amministrando le mondine di Novi, mi fa sentire molto sereno, perché so che quei pochi soldi andranno dove devono andare a finire.

Sopra: "Partigiano Reggiano", foto di Francesco Ianett