Jamie xx – In Colour (Recensione)

Jamie xx – In Colour (Recensione)

2017-11-08T17:15:44+00:0016 Dicembre 2015|


Jamie xx In Colour
Album d'esordio per il dj e producer degli xx: una convincente summa del suo stile, con qualche caduta di tono riscattata dalla qualita' delle tracce migliori.

7,5/10


Uscita: 29 maggio 2015
Young Turks Records
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Che l'Inghilterra sia all'avanguardia in ogni genere musicale lo si è sempre saputo, basti pensare alla scena elettronica locale, che si discosta sempre in maniera netta da quella che è l'elettronica nel resto del mondo. Agli inglesi non va di fare la "solita musica" su cui si basa di volta in volta l'intera industria discografica: loro sono orgogliosi della loro identità e quasi per linea di principio vanno oltre. Oltre a cosa?….oltre a tutto!

Jamie Smith chi è? Diventato famoso come componente di The xx, nel corso di quest'anno ha fatto breccia nei cuori di molti ascoltatori con il suo primo LP da solista, In Colour. Un lavoro che discende sia dalla sua militanza negli xx, ma soprattutto dalle collaborazioni di un certo calibro che l'hanno tenuto occupato negli ultimi anni: quella con Drake per l'album Take Care, lo scambio di cortesie con gli amici Four Tet e James Blake, oppure con il "maestro" Gil-Scott Heron, insieme al quale ha realizzato nel 2011 l'album We're New Here.

In Colour è un disco che per certi aspetti rispecchia quasi perfettamente i giovani del 2015, la generazione dei ventenni come Jamie che l'ha eletto a suo rappresentante nei club. Quella di Jamie è musica elettronica che ovviamente, provenendo dall'Inghilterra, non può non risentire di influenze come l'UK Garage o la dubstep. Potremmo definire la sua proposta come post-dubstep, una sorta di risposta della nuova generazione elettronica inglese (vedi Sohn) alla old school.

L'album si apre con una travolgente Gosh, giocata su ritmi ripetitivi e primitivi accompagnati da una voce che ci prende all'istante, trasportandoci direttamente all'interno del pezzo. Il brano è tutto un salire fino all'arrivo dei synth, che in maniera praticamente perfetta ci portano su un altro livello: da un inizio basato sull'elettronica più "spinta" si sale a un mondo molto più rarefatto e raffinato, chiamiamolo pure l'iperuranio di Jamie. E' questa la chiave di lettura dell'album: un susseguirsi di pezzi che camminano in bilico tra l'atmosfera rarefatta dei synth e la rabbia di una drum machine che a tratti si fa più "pimpante", come su Obvs, dove le due parti di Jamie si fondono perfettamente (personalmente è il mio brano preferito).

Come non parlare del singolo Sleep Sound, forse il pezzo più famoso, dove è impossibile non ballare: è sicuramente la canzone più costruita dell'album, quella maggiormente impreziosita da attenti arrangiamenti. Attraverso l'avvolgente psichedelia di Just Saying, che quasi ci rimanda a una sorta di shoegaze malinconico, arriva poi Stranger in a Room, dove troviamo la collaborazione con l'altro membro degli xx Oliver Sim. Qui forse i synth di Jamie strafanno un po', senza portare poi da nessuna parte: quello che prima avevamo chiamato iperuranio qui scompare rimpiazzato da una superficie seducente che però sembra  più una facciata che qualcosa in grado di catturare davvero l'attenzione dell'ascoltatore. Altra canzone che addirittura potremmo chiamare flop è sicuramente l'insulsa I Know There's Gonna Be (Good Times), una collaborazione con il rapper Young Thug; sarà un problema di gusti personali, ma è un pezzo di cui non mi sento di parlare più di tanto: non capisco il genere hip-hop a cui si rifà, ma soprattutto non riesco a capire la sua presenza in un album in cui non ci azzecca nulla.

Tornando ai pezzi migliori, come non parlare di Hold Tight e The Rest Is Noise, i brani più danzerecci dell'album, diversi tra loro ma collegati dal beat inconfondibile figlio della scuola inglese. E infine vorrei citare Loud Places, dove la voce dell'altra xx Romy Madley Croft ci fa letteralmente sognare: è la canzone-simbolo del disco e della fascia demografica a cui Jamie appartiene e a cui si rivolge, il brano in cui il timido dj londinese sembra finalmente adottare il ruolo di portavoce di una generazione.

In conclusione ci troviamo di fronte a un album che come abbiamo visto ha i suoi difetti e le sue pecche, ma che mette anche in luce tutto il talento di un ragazzotto inglese che di talento ne ha e anche tanto. I punti meno convincenti del disco sono ampiamente riscattati dagli episodi migliori, in quello che è sicuramente uno degli esordi più eccitanti di quest'anno e forse anche tra i migliori LP di questo 2015.