Parquet Courts @ Biko, Milano – 23 ottobre 2016 (Live report)

Parquet Courts @ Biko, Milano – 23 ottobre 2016 (Live report)

2016-11-02T15:03:36+00:0029 Ottobre 2016|

Parquet Courts

Negli ultimi tre anni la popolarità dei Parquet Courts è diventata sempre più una valanga inarrestabile: prima il contratto con una delle etichette più affermate nella scena indie, la Rough Trade Records, poi diverse date importanti per l’Europa; la band è anche stata headliner a una delle serate del Pitchfork Festival tenutosi a Parigi, quindi non serve che perda tempo a sottolinearne l’importanza.

A tale esplosione non potevano mancare delle date italiane, anche perché il quartetto dal vivo non sfigura affatto, come avevamo constatato in prima persona a settembre dell'anno scorso. Prima del concerto è difficile immaginare che ambiente possa accogliere la band, che affluenza, che clientela; se si vuole pensare alla musica dei Parquet Courts è difficile trovare una macro categoria a cui rifarci. Con grande piacere arrivato alla location scopro che l’evento non è passato inosservato: la venue è affollata fin da subito da un pubblico di tutte le età, senza che nessuno stranamente risulti fuori luogo.

Ad aprire il concerto troviamo i The Pill, band americana che propone una sorta di post punk sporco, accompagnato da un sassofono che sinceramente non riesce a comunicare quelle che sono le intenzioni del gruppo. Non sembro essere l’unico deluso dal live: la band più che altro suscita voglia di uscire a fumare una sigaretta. Dopo il breve live, il quartetto newyorchese sale sul palco e comincia subito la sua performance durata all’incirca un'ora e mezza, inframmezzata solo da qualche “esuberante” chiacchierata coi presenti. I Parquet Courts riescono benissimo a gestire le pause e il pubblico con la loro inconfondibile semplicità: non perdono tempo in movenze rock di altri tempi e suonano un pezzo dopo l’altro in maniera perfetta, tanto che è quasi irriconoscibile la differenza tra live e disco. I quattro ragazzi hanno presentato tutti pezzi estratti dai loro ultimi tre LP ufficiali al completo, ossia Light Up Gold e l'EP Tally All The Things That You Broke, Sunbathing Animal e l’ultimo lavoro Human Performance.

Il mix fa il suo colpo sul pubblico che reagisce sia alle scariche di energia di pezzi come Ducking and Dodging, Borrowed Time o Light Up Gold II, che a tracce più sperimentali e “meno orecchiabili” come Dust o I Was Here. Live più che in cuffia la band mostra le sue origini musicali, una New York sempre più legata alla sua inconfondibile scena punk. Master of My Craft è l’esempio di come a New York il punk lo fanno a modo loro: a un buon ascolto non sembra cosi forzato un rimando a band come Television, Velvet Underground o Talking Heads.

I Parquet Courts sono sicuramente una delle realtà emergenti degli ultimi anni, con il loro nuovo modo di vivere e vedere la musica: la rabbia di quattro texani che si scontra con il caos della Grande Mela condita dalla professionalità unica di quattro musicisti bravissimi. L’unico paragone da fare qui è con i Sex Pistols: ciò che fece la musica e l’esperienza di John Lydon e compagni è ciò che a modo loro oggi si ritrovano a fare oggi i Parquet Courts, qualcosa che si scontra con tutto ciò che trova per strada, una band e un sound che fanno a cazzotti con qualsiasi tipo di schematizzazione. Basta citare una frase rilasciata in una recente intervista per capire appieno cosa sono i Parquet Courts, parafrasando:” Finchè continueremo a piacere alla critica ma non al pubblico le cose vanno bene, se ciò non avvenisse avremmo sbagliato qualcosa”.