Spoon – They Want My Soul (Recensione)

Spoon – They Want My Soul (Recensione)

2017-11-08T17:15:46+00:008 Ottobre 2014|


Spoon They Want My Soul
Britt Daniel e compagni continuano a non sbagliare un colpo, e dopo quattro anni di riposo tornano con il loro album piu' ricercato e ricco di atmosfera.

8/10


Uscita: 5 agosto 2014
Loma Vista Recordings
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Inutile fingersi sorpresi, all'uscita di ogni loro nuovo disco é sempre la stessa storia: gli Spoon non sbagliano mai un colpo. Possibile? E benché quattro anni fa furono in molti a criticare Transference, ottimo album la cui unica colpa fu di uscire in seguito all'ormai leggendario Ga Ga Ga Ga Ga (2007), sono certo che They Want My Soul metterà d'accordo tutti, adoratori incondizionati e instancabili criticoni. Oltre a presentarsi come un'opera rock tecnicamente eccelsa, questo nuovo album colpisce anche per qualcos'altro di più difficile definizione: personalmente mi sentirei di descriverlo come un Ga Ga Ga Ga Ga riflesso in uno specchio magico, lo stile é sempre quello dei migliori Spoon, ma c'è appunto qualcosa di nuovo, qualcosa che esula dal nostro mondo concreto ma proviene piuttosto dall'universo del sogno, dal reame dell'onirico, un pò come accadeva nei misteriosi dipinti di Magritte.

Dando un'occhiata al curioso artwork a opera del visionario fotografo Todd Baxter, questa mia sensazione appare ancor più tangibile. Tra le pagine del libretto vengono infatti rappresentate vignette impregnate di occulto ed esoterico: un minaccioso gorgo acquatico si apre come un wormhole per l'ignoto nella suburbia residenziale americana, magari la stessa dove abitava Donnie Darko nell'omonimo cult movie? Una seducente mano di donna tiene qualcosa di luminoso sul palmo: che si tratti dell'anima di qualche povero disgraziato sgraffignata con l'inganno? Ed ecco ancora il cantante Britt Daniel nelle vesti di un improbabile leader-oratore, intento a conquistare avidamente le volontà dei suoi malaugurati seguaci.

Appurato il fatto che l'atmosfera sia volutamente ricercata, passiamo a parlare nello specifico del disco. Ci vuole davvero poco per capire che They Want My Soul è opera di una band in forma invidiabile, forse per via della pausa di riflessione di Daniel con il side-project Divine Fits o forse grazie a una ritrovata sinergia (mai del tutto esaurita) tra i cinque musicisti. Lo spettacolo comincia con Rent I Pay, brano nel quale Daniel e compagni palesano immediatamente la carica che da oltre vent'anni é loro linfa vitale, beat trascinante e chitarre che bruciano con urgenza. La secca chiusura di questa fulminante apertura introduce a sorpresa Inside Out, drastica virata verso un sound più evocativo ed intimista, nello stile minimale già splendidamente messo in luce su alcune tracce degli album precedenti (ad esempio Paper Tiger su Kill the Moonlight): qualche pad appare e scompare dall'ombra alla luce più cristallina, mentre note di piano e synth accarezzano l'ascoltatore accompagnandolo in questo panorama ovattato. In Rainy Taxi prende forma invece qualcosa di lievemente minaccioso ma allo stesso tempo esaltante, una sensazione che continua a galvanizzare i miei neuroni anche nell'ammaliante fiaba post apocalittica Do You, interpretata meravigliosamente dal relativo video. Da brividi di piacere il fantasmagorico finale del pezzo, che si dissolve pian piano nell'eco di un nostalgico ''hm-hmmm-hm, hm-hmmm-hm…'', canticchiato dall'inconfondibile voce di Daniel.

Il mare torna poi in tempesta nella title-track They Want My Soul, un ansiolitico soliloquio di denuncia nei confronti dei ladri d'anime che popolano il mondo. Proseguendo quindi nel disco ci imbattiamo in una sua ulteriore sfumatura, stavolta è l'amore per il retrò a prendere il sopravvento: I Just Don't Understand é infatti un pezzo originariamente datato 1961 che anche i Beatles interpretarono a loro tempo e Let Me Be Mine sembra quasi avere un aroma da White Album (in zona Revolution 1 o Savoy Truffle), oltre che un titolo innegabilmente Harrisoniano. Il sipario si chiude con la coraggiosa e psichedeleggiante New York Kiss, un acquarello notturno dell'eternamente suggestiva Grande Mela, per un finale curioso e per nulla scontato.

Come ormai è consuetudine per i dischi degli Spoon, anche in They Want My Soul non riesco a trovare difetti: un album del genere potrebbe essere il capolavoro della vita per tanti altri gruppi, ma per la band texana, che in una ventina d'anni di onorato servizio ne ha viste davvero tante, é 'semplicemente' l'ennesimo trionfo, con un tocco un po' diverso e particolare. Insomma, un disco che i fan non potranno fare a meno di amare e speriamo anche un potente magnete per i potenziali ascoltatori non ancora familiari con l'inesauribile talento di questa straordinaria band.