Bob Mould – Patch the Sky (Recensione)

Bob Mould – Patch the Sky (Recensione)

2017-11-08T17:15:44+00:0014 Ottobre 2016|
Bob Mould Patch the Sky
Un altro disco piacevole per l'ex Husker Du: ma se la classe nella composizione e' rimasta intatta, il sound rock un po' stereotipato non aiuta i pezzi a brillare.

7/10


Uscita: 25 marzo 2016
Merge Records
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L'opinione generale è che la carriera pluridecennale di Bob Mould sia rinata nel 2012, con il nuovo contratto per l'autorevole etichetta Merge Records e la formazione del power trio con il quale tuttora si accompagna su disco e dal vivo: oltre a lui, Jason Narducy al basso e Jon Wurster dei Superchunk alla batteria. La verità è leggermente diversa: al di là dell'esposizione mediatica che essere associati con la Merge comporta, specialmente all'interno della scena indie americana dove Pitchfork detta legge, i due dischi che hanno preceduto questo Patch the Sky, Silver Age (2012) e Beauty & Ruin (2014) hanno mostrato solo una faccia della sua ispirazione, riducendo volutamente il suono all'ortodossia di basso, chitarra e batteria dei suoi due progetti più famosi (Hüsker Dü e Sugar). Sono state invece lasciate per strada le coraggiose sperimentazioni cantautorali degli anni '90 e quelle elettroniche dei 2000, che seppur non pienamente riuscite mostravano un veterano per niente intenzionato a sedersi sugli allori.

Non fa eccezione questo nuovo disco, che alterna tracce veloci e mid-tempo, tutte però contraddistinte dal suono compresso e inimitabile della sua chitarra elettrica, e dalla voce sepolta all'interno del mix, quasi fosse un ulteriore strumento. Nelle interviste che hanno preceduto la pubblicazione, Mould ha dichiarato che la Patch the Sky è la fine di una trilogia, affrettandosi poi però a definirlo come "il più scuro" e "il più orecchiabile" della sua carriera. "Cerco sempre di trovare l'equilibrio perfetto tra melodie solari e storie oscure […] questa volta ho cercato di rendere ancora più forte il contrasto", ha dichiarato, probabilmente riferendosi ai testi, fortemente influenzati dalla recente scomparsa della madre.

Le "melodie solari" sono da rintracciare invece in tracce come la gioiosa apertura Voices in My Head, nella quale effettivamente il contrasto tra la musica e la voce che dice "Ho deciso di ascoltare le voci nella mia testa" crea un effetto spiazzante; nella successiva The End of Things, invece, un inarrestabile ritmo punk rock guida un brano suonato a rotta di collo, uno dei migliori della sua carriera solista. Procedendo con il disco, non sempre però si riesce a mantenere questo livello di intensità: se il ritmo rallenta (Hold On, Hands are Tied) le costruzioni armoniche tra strofa e ritornello convincono di meno, e nonostante tutti i pezzi siano di pregevole fattura, l'omogeneità del sound rende a volte difficile distinguere un brano dall'altro. Bisogna aspettare le ultime tre tracce del disco per sentire finalmente qualche suono più inusuale: Black Confetti si candida a migliore pezzo del disco (insieme ai due singoli d'apertura) in virtù della sua atmosfera sempre carica ma leggermente inquietante, mentre la chiusura Monument si spinge "arditamente" oltre i confini dei 3-4 minuti rispettati scrupolosamente da tutti gli altri brani del disco. Nel mezzo invece ci sono alcune canzoni azzeccate (Lucifer and God, Daddy's Favorite e Losing Sleep su tutte), appiattite però da una produzione "alternative rock" (nello stile dei suoi amici Foo Fighters, per intenderci) piuttosto stereotipata.

In definitiva, ci troviamo di fronte a un altro, piacevole e forse un po' prevedibile disco solista di Bob Mould. Aspettarsi qualcosa di sconvolgente da una leggenda cinquantaseienne che ha scritto la storia del punk rock a stelle e strisce non è generoso, e non è probabilmente nemmeno quello che i fan affezionati si aspettano; tuttavia se solo il suo talento compositivo (che è rimasto intatto e produce gioiellini melodici dall'inizio alla fine del disco) fosse abbinato a un produttore illuminato in grado di "vestire" i brani con suoni rock meno stereotipati, allora potremmo ancora tornare a sorprenderci. Ma chissà, forse sarà per la prossima trilogia…


Vi ricordiamo che Bob Mould è in Italia in questi giorni per due imperdibili date live: il 14 ottobre ai Magazzini Generali di Milano e il 15 ottobre all'Estragon di Bologna.