Afterhours @ Ferrara Sotto le Stelle, Ferrara – 22 luglio 2012 (Live Report)

Afterhours @ Ferrara Sotto le Stelle, Ferrara – 22 luglio 2012 (Live Report)

2012-07-25T10:20:12+00:0024 Luglio 2012|

Afterhours

L’ultima volta che ho visto dal vivo gli Afterhours era il 2000. Xabier Iriondo non aveva ancora lasciato, internet andava a 56k e in generale il mondo era molto, molto diverso da quello attuale. Dodici anni dopo, complice una serata di beneficenza per le vittime del terremoto in Emilia e un nuovo album con Xabier acclamato praticamente da tutti, ritorno a vedere Manuel Agnelli e compagni senza sapere bene cosa aspettarmi: li liquiderò come “musica per ragazzini” con la stessa spocchia con cui a vent'anni li ho rinnegati per ascoltare band a volte molto più mediocri, oppure sarò in grado di riconnettermi con loro come successe qualche anno fa quando uscì Ballate per Piccole Iene?

Bastano le prime note di Metamoforsi a spazzare via la questione: per come li si voglia inquadrare gli Afterhours dal vivo rimangono una validissima realtà, forse uno dei pochi gruppi puramente rock italiani. Il che porta con sè pregi e difetti, sia chiaro: durante tutta la prima parte del concerto di Ferrara ogni ballata degna di nota (le splendide new entries Costruire per Distruggere, Nostra anche se ci fa male e Padania, così come le “vecchie” Ballata per La Mia Piccola Iena e Il Paese è Reale) è stata affiancata da tirate elettriche molto meno riuscite (Spreca Una Vita, Io So Chi Sono), generalmente tratte dagli ultimi due album. La band sembra come al solito giocare contro le sue stesse qualità, con una voglia di mettersi in discussione invidiabile per chi è in giro da quasi 30 anni, ma che può essere frustrante se i risultati sono gli accordoni quasi metal di E’ solo Febbre o il grottesco cantato (che in certi momenti mi ha quasi ricordato Elio e le Storie Tese) di Ci Sarà una Bella Luce.

Se si aggiungono un paio di comparsate abbastanza fuori luogo del local hero Vasco Brondi de Le Luci della Centrale Elettrica e dell’ex Afterhours Enrico Gabrielli al sax, il bilancio della prima parte di concerto non è completamente positivo. Agnelli regge da solo il peso della band con il suo carisma e la gran voce, nonostante gli anni siano passati anche per lui: prima di partire con il riff di Male di Miele il frontman ha infatti bisogno di inforcare un grosso paio di occhiali da vista per leggere un estratto dall'Agenda rossa di Paolo Borsellino, dedicato al rispetto della legalità. Un messaggio decisamente insolito per un concerto rock, ma molto apprezzato dal pubblico e perfettamente in linea con l'encomiabile impegno civile espresso negli ultimi anni dalla band.

Gli altri cinque musicisti sul palco invece non convincono del tutto: a parte l’ottimo Rodrigo D’Erasmo, che ormai non fa rimpiangere Dario Ciffo al violino, e un Roberto Dell’Era a suo agio come bassista e seconda voce, Xabier Iriondo spesso è responsabile con i suoi riff atonali del caos che domina i brani peggiori. L'altro chitarrista Giorgio Ciccarelli sorregge i brani senza infamia né lode, ma il punto debole sembra essere proprio il batterista Giorgio Prette: nonostante il suo status di componente senior della band, continua a suonare la batteria senza la necessaria convinzione, addirittura andando fuori tempo un paio di volte quando non è supportato dal resto del gruppo.

Dopo aver chiuso con il pianoforte di La Terra Promessa si Scioglie di Colpo, nei bis la musica cambia decisamente. Agnelli e compagni sfoderano una serie di hit invidiabili, che sembrano finalmente incontrare i desideri del pubblico: ci si ricorda della bellezza amara di Tutto Fa un Po’ Male (col senno di poi, uno dei pezzi più belli mai scritti dalla band), per proseguire con La Vedova Bianca e il vero inno Bye Bye Bombay, cantato in coro da tutto il pubblico.

Come è consuetudine per la band milanese non finisce qui: i sei Afterhours tornano sul palco per un’inedita versione pianistica di Pelle, prima che Quello che non C’è e Posso Avere il Tuo Deserto? mandino a dormire contenti anche i fan più anziani. Un’audience a questo punto veramente scatenata li richiama ancora per un terzo bis, durante il quale si ripresentano affiancati da Vasco Brondi alla voce e Giulio Ragno Favero del Teatro degli Orrori al basso, per suonare due tra le più violente scariche elettriche tratte da Hai Paura del Buio?, vale a dire Lasciami Leccare l’Adrenalina e Dea. Il vero finale, dopo due ore di concerto, è affidato a Voglio Una Pelle Splendida, l’ennesima dimostrazione di come Agnelli abbia scritto alcune delle ballate rock più belle degli ultimi vent’anni, e di come non ne sia ancora completamente consapevole.

Quello che resta è l’impressione di una band che ha ormai un repertorio talmente ampio da potersi permettere qualche caduta di stile: anche se sempre più spesso si fanno imprigionare da uno sperimentalismo fine a sé stesso, gli Afterhours sono vivi e vegeti, in virtù della volontà di ferro del loro leader, che sembra trascinare l’intero gruppo anche nei momenti meno convincenti. Alla fine è un po’ come cercare il pelo nell’uovo: nonostante le esagerazioni e i difetti ne conosco pochi di gruppi che, dodici anni e mille svolte stilistiche dopo, riescono ancora a mandare a casa così soddisfatto un loro vecchio fan.

Sopra: "Afterhours B/W", foto di Marcello Testi