Indiemood Sessions Vol. 7 – La febbre del venerdi’ 13

Indiemood Sessions Vol. 7 – La febbre del venerdi’ 13

2015-01-12T14:30:40+00:0012 Gennaio 2015|

 

Buon anno a tutti! Le nostre Indiemood Sessions realizzate da Indiemod Press Office aprono il 2015 con La febbre del venerdì 13, band mestrina che qui sotto possiamo vedere impegnata a suonare Sfidi mai (title-track del loro demo uscito a inizio 2013) in versione acustica lungo i canali di Venezia.

A seguire, subito dopo il video, trovate anche la nostra intervista al leader del gruppo Andrea Zucaro: buona visione e buona lettura!

Ciao Andrea, iniziamo col parlare un po' del progetto La febbre del venerdì 13. Come è nato? Avevi altre esperienze musicali alle spalle?

Ciao, il progetto FV13 in realtà è nato nel pieno della promozione live dell'ultimo EP con l'altra band di cui faccio parte, Les Brucalifs, nell'estate del 2012: era un venerdì 13, avevamo un live piuttosto importante, promosso anche alla radio, e metà della band era a letto con la febbre, in pieno luglio! Ero incazzato nero per il live buttato nel cesso e mi sono detto: adesso mi rimbocco le maniche e metto su qualcosa da solo, qualcosa di diretto, di completamente nuovo e senza vincoli.

Tieni a specificare che il tuo è un progetto di “musica madrelingua”. Personalmente ti faccio i complimenti per questa scelta perché spesso nel nostro panorama si rivela in controtendenza. Ci vuoi spiegare il perché della scelta dei testi in italiano?

Mi viene da ridere perché dopo anni e anni di fiducia totale e incondizionata nell'inglese, ho come l'impressione di essermi convertito all'italiano proprio ora che l'inglese sta finalmente iniziando a essere capito e masticato anche nel panorama musicale italiano. Isn't it ironic? La mia scelta è nata quando è nata l'idea FV13 ed è stata sicuramente una genesi 'di rottura', una sfida: volevo sperimentarmi su qualcosa di completamente nuovo e assolutamente inesplorato, e per me l'italiano in musica lo era.

Nonostante la scelta della lingua italiana, negli arrangiamenti de La Febbre del Venerdì 13 si percepisce chiaramente una forte matrice british. Quali musicisti e/o gruppi (sia di ieri che di oggi) hanno influenzato maggiormente la tua formazione musicale e quindi il sound del progetto?

Mi fa immensamente piacere che il brit si senta al di là della lingua. Era quello che volevo: io attingo proprio da quel mondo lì, starei giornate intere ad ascoltare i vinili dei Beatles e dei Beach Boys, nelle cuffie ho sempre i Kasabian, in loop ma devo ammettere che non mi sarebbe mai passato per l'anticamera del cervello di provare con il rock in italiano se non fossi rimasto fulminato da autentici capolavori contemporanei come I Mistici dell'Occidente dei Baustelle o il recente Wow dei Verdena.

Passiamo a una notazione più tecnica: per il tuo ultimo lavoro hai scelto di affidarti completamente all'analogico. Le sonorità nelle quali ti collochi favoriscono sicuramente una scelta del genere, ma cosa significa effettivamente per te la scelta dell'analogico piuttosto che del digitale?

Significa qualità, sudore, imprecisione viva, reale, significa andare alla ricerca di quel calore, di quelle atmosfere psichedeliche degli anni d'oro del rock e del pop che riescono a farci innamorare ancora oggi. Per me era fondamentale che almeno una briciola di tutto questo finisse nel mio primo full-length.

Prendendo spunto dalla domanda precedente, ultimamente molti gruppi (sia del grande panorama internazionale che delle varie costellazioni underground) si collocano in una scia di riscoperta delle sonorità anni '60/'70; registrare o suonare in un modo vicino a quello di cinquanta o quaranta anni fa potrebbe sembrare, oggi, più una scelta di tendenza piuttosto che il frutto di una sperimentazione “di nicchia”. Tu cosa ne pensi del fenomeno delle “mode musicali”?

Mi rattristano…così come mi rattrista in generale tutto ciò che si fa 'perché va di moda' e senza il brivido di una vera motivazione interiore, senza originalità, senza rischi. Credo però che nella musica sia abbastanza facile distinguere i pezzi buoni da quelli di plastica. Se un pezzo è ben scritto e ha una buona impalcatura, poi lo puoi registrare e arrangiare in mille modi e non perderà mai il suo spessore; viceversa un brano può essere mega prodotto e con un sound pazzesco, ma se non c'è una valida scrittura, o un'urgenza espressiva alle spalle per me è inutile, vuoto, oltre che ridicolo.

Per concludere, quali progetti hai in mente per il prossimo futuro?

L'album di debutto uscirà il 13 marzo e la cosa che più mi preme è vedere come reagirà la gente che lo ascolterà e, per fare in modo che ciò avvenga, sto lavorando sodo sui vari fronti che credo siano immancabili: sto collaborando con diversi musicisti in vista dei live, nei quali ci piace svariare dall'acustico all'elettrico più spinto, è quasi pronto il primo video ufficiale per il singolo Veterano e ormai ho iniziato a scrivere già una manciata di pezzi che finiranno nel secondo disco, ma questa è un'altra storia.