Tame Impala – Lonerism (Recensione)

Tame Impala – Lonerism (Recensione)

2017-11-08T17:15:30+00:0012 Settembre 2012|


Tame Impala - Lonerism
Al secondo disco gli australiani aggiungono una buona dose di
cantautorato al loro psych pop.
Un puro esercizio di stile? Si', ma ce
ne fossero di album cosi' convincenti.

8/10


Uscita: 8 ottobre 2012
Modular Recordings
Compralo su Amazon Audio CD | Vinile

 

Eccoci qui, a due anni di distanza da quel piccolo gioiellino di nome Innerspeaker, a parlare nuovamente del gruppo australiano capitanato da Kevin Parker. Se ad un primo impatto la sostanza sembrerebbe non discostarsi dal suo predecessore, ascoltando attentamente Lonerism si capisce che i quattro ragazzini sono cresciuti, hanno affinato non poco le loro capacità tecniche, e, soprattutto, si sono impegnati a fondo nella ricerca di un suono che li contraddistingua nel sempre più vasto calderone neo-psichedelico.

Si parte e il mantra iniziale di Be Above It affiancato alle tastiere di Endors Toi ci fanno capire verso quali lidi si viaggerà. La stupenda Apocalypse Dreams (primo singolo estratto) non ammette repliche: i Tame Impala hanno oramai trovato la ricetta per scrivere grandi canzoni, visto che alle atmosfere psichedeliche i quattro aggiungono una vena cantautorale molto raffinata. La voce di Parker in questo brano, sostenuta da un ritmo battente di batteria e pianoforte, rimanda a quegli echi lennoniani già apprezzati nel precedente disco, per poi perdersi in una lunga coda “spaziale”, che ricorda l’odissea di Major Tom cantata da David Bowie.

La parte centrale del disco è invece quella più marcatamente psichedelica. Nel trittico Mind Mischief, Music to Walk Home By e Why Won't They Talk to Me? si sente il lavoro dietro il mixer di Dave Fridmann, già produttore dell'esordio, ma soprattutto collaboratore fisso di quei pazzerelli dei Flaming Lips. Addentrandosi in un ascolto più attento dei pezzi colpisce come i quattro, poco più che ventenni, abbiano raggiunto una maturità musicale e compositiva da fare invidia a colleghi ben più quotati e incensati da certa critica (vedasi alla voce MGMT).

L'altro singolo Elephant risulta invece essere la traccia più debole, con quei riffoni usciti direttamente dai seventies che poco si intonano con il mood dell'intero album, ma, a parte questo piccolo incidente di percorso, si ritorna subito a livelli adeguati con il breve intermezzo She Just Won't Believe Me, che sembra arrivare direttamente dal genio di Edgar Froese e soci. Si chiude con l'onirica ballata Nothing That Has Happened So Far Has Been Anything We Could Control, mentre il congedo viene affidato al piano appena accennato dalla marcetta Sun's Coming Up.

Si aspettavano i Tame Impala alla prova del fuoco del secondo album: bisogna dire che i quattro di Perth l'hanno superata a pieni voti e con la consapevolezza che nel panorama musicale odierno ben pochi gruppi hanno il coraggio e le capacità per dare alle stampe un lavoro così solido e variegato. I detrattori probabilmente considereranno questo disco come un puro esercizio di stile, che ricalca i lavori di altre decine di artisti neo-psichedelici intenzionati a piazzarsi nel solco scavato dai padri del genere, ma se tutti i divertissements fossero su questo livello avremmo decine e decine di capolavori, e così non mi pare.