Toro Y Moi – Anything In Return (Recensione)

Toro Y Moi – Anything In Return (Recensione)

2017-11-08T17:15:50+00:0016 Gennaio 2013|


Toro Y Moi_Anything In Return
DISCO DIVERTENTE PER CHAZ BUNDICK, CHE SENZ'ALTRO SAPRa' FARSI APPREZZARE DA UN PUBBLICO PIu' AMPIO. IN GUARDIA PERo' DALLE TAMARRATE HIP HOP!

7/10


Uscita: 21 gennaio 2013
Carpark Records
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I Toro y Moi si stanno facendo strada in questi ultimi anni come esponenti di uno dei generi più in voga dell'indie americano: il chillwave. A differenza però dei Washed Out di Ernest Greene (considerato da molti l'iniziatore del movimento), che non fanno altro che riproporre stilemi e suoni anni '80 in maniera sterile, tra l'altro con un un mix spesso lo-fi e schiacciato, il progetto di Chaz Bundick riesce ad avere spunti interessanti e contaminazioni che potrei azzardarmi a definire quasi inedite.

Li ho visti quest'estate in concerto a Padova e mi sono molto piaciuti: sono divertenti e la gente balla parecchio ad ascoltarli. E poi il leader Chaz Bundick, che scrive tutte le parti per poi arrangiarle con la band, con quegli occhialini rotondi ha un aspetto simpatico che funziona bene anche dal punto di vista visivo (come nell’ironico video di So many details). Musicalmente, mi viene da ricondurre i Toro y Moi alla strada aperta da Jamiroquai molti anni fa, che potrei brutalmente chiamare funk ballereccio.

Cominciamo con i punti di forza e le particolarità di questo disco: innanzitutto, c'è una presa di direzione marcata, anche se secondo me non ancora del tutto sufficiente, verso l'R&B e il funk anni '70. Queste sonorità vengono ottenute e in parte rinnovate grazie all'ampio impiego di strumenti a tastiera come piani elettrici, clavinet e organi. In questo, il disco perde un po' la matrice anni '80 tipica della chillwave – il che è solo un bene, vista l'inflazione di questo aspetto nel pop degli anni 2000.

In secondo luogo, rispetto al precedente lavoro Underneath the Pine (2011) che ho apprezzato molto, si scorgono paesaggi sonori un po' più ricercati, che accantonano finalmente i classici e stra-usati pads anni '80. Questi nuovi elementi vengono spesso impiegati come apertura dei brani, come accade in So many details o Studies, dove proprio all'inizio sentiamo brulicare un organo in delay, per poi costituire le basi sulle quali si costruiscono tutti i pezzi. In questo modo le nuove sonorità vanno a dare un’inedita profondità di suono ai pezzi, distinguendoli da tante altre produzioni “plasticose” che troviamo in giro.

Sebbene mi aspettassi almeno un pezzo alla New Beat ci sono molti bei brani: So many details, il già citato primo singolo e Cola – entrambi con bei loop di drum machine e pregevoli ricami elettronici; Studies, forse il pezzo meglio riuscito, con una buona ritmica, il cantato quasi completamente in falsetto e una bella sporcizia da vinile sul tutto; mentre High living, è un pezzo che esprime forse al meglio la parte chill della wave in questione…peccato solo per quell'orribile riff di synth che compare qua e là; poi Grown up calls e ancora Day one, dove finalmente sentiamo anche una bella batteria acustica, in un mix molto aperto.

Vorrei però ora spendere anche due parole sugli aspetti di questo lavoro che mi sono piaciuti veramente poco: in generale, il disco contiene anche alcuni pezzi-riempitivo, come Rose Quartz e un altro paio di brani verso la fine del disco, che trovo non aggiungano nulla e risultino abbastanza scontati. Ma il peggiore è senz'altro Cake: sembra di ascoltare Rihanna, con tutta la retorica già vista del pezzo hip hop tamarro.

Un’altra cosa: che l'ironia sia un elemento ben presente nel disco si capisce, ma ho trovato insopportabili quegli urletti alla Michael Jackson diffusi un po’ ovunque, anche in pezzi che considero buoni. Li si mette dappertutto oggi nel pop americano, come dimostra l'ultimo pezzo in classifica di Bruno Mars. In queste scelte, mi sembra in realtà di rintracciare una volontà abbastanza chiara da parte di Bundick: allargare il suo mercato, anche verso l'hip hop più becero.

Detto in poche parole, Anything In Return è un disco divertente e di Toro y Moi ne parleremo sicuramente sempre di più, anche alla luce del suo sound fresco e pienamente moderno. Spero solo che in futuro investa di più su questo aspetto, lasciando da parte certi suonacci.