My Bloody Valentine – m b v (Recensione)

My Bloody Valentine – m b v (Recensione)

2017-11-08T17:15:50+00:0026 Febbraio 2013|


My Bloody Valentine - mbv new album
Il disco piu' atteso degli ultimi vent’anni non delude: Kevin Shields realizza un perfetto seguito di Loveless ed espande ulteriormente il range delle sue sperimentazioni.

9/10


Uscita: 2 febbraio 2013
Pickpocket Records
Compralo sul sito ufficiale

 

Appena un anno fa la sola possibilità di scrivere questa recensione sarebbe sembrata un’ìpotesi improbabile e vagamente fantascienfica: il terzo album dei My Bloody Valentine, continuamente annunciato e poi rimandato per oltre vent’anni, sembrava destinato a finire tra i grandi “capolavori incompiuti” della storia del rock, insieme a SMiLE dei Beach Boys. Il perfezionismo cronico di Kevin Shields, lo stesso che aveva prolungato per quasi tre anni le registrazioni di Loveless, ma che l’aveva anche reso un capolavoro indicusso, sembrava aver avuto la meglio sulla musica, condannandolo a lavorare ad un ritorno che per forza di cose, con il passare degli anni acquisiva un’aura sempre più mitica: se mai fossero riusciti a far uscire un terzo album i My Bloody Valentine avrebbero dovuto produrre un altro capolavoro, perché nessuno si sarebbe accontentato di un semplice seguito di Loveless.

Beh, indovinate un po’? m b v è tutto questo e molto di più: il trionfale ritorno di un artista che ha scelto la strada più difficile ed è riuscito contro ogni previsione a riportare un successo enorme, entrando definitivamente nella leggenda. Se la storia della musica ci insegna come la delusione per un album sia generalmente direttamente proporzionale ai tempi di attesa, qui bastano le note iniziali del primo brano She Found Now per allontanare ogni timore: la bellezza immediata e travolgente delle voci sussurrate, immerse nella consueta nebbia di chitarre, non potrebbe venire da nessuno degli imitatori che hanno provato a riproporre lo stesso suono negli ultimi vent’anni. Il brano, una delicata ballata in stile Sometimes, in pochi minuti riesce a farci sembrare l’idea di un nuovo album dei MBV assolutamente normale, come se dall'apice dello shoegaze fossero passati i quattro-cinque anni canonici, invece di due decadi intere. La sensazione di essere di fronte ad un disco fondamentalmente in linea con Loveless viene rinforzata dai due brani seguenti, Tomorrow e Who Sees You, che ripropongono le chitarre distorte e alterate tipiche della band, anche se in un contesto decisamente più a fuoco rispetto al caos degli album precedenti.

Dopo l’introduzione dei primi tre pezzi (tutti cantati da Shields) il disco inizia a rivelarci la sua vera natura con l’entrata in scena dell’altro elemento vincente dei My Bloody Valentine: la voce eterea e ultraterrena di Bilinda Butcher, che ci guida prima attraverso un intermezzo di tastiere minimali e batteria sussurrata (Is This And Yes), per poi sbocciare nelle melodie avvolgenti di If I Am. Il brano seguente (New You) è invece il frutto più inaspettato di questo ritorno: invece di guardare a Loveless, Shields affida alla Butcher un brano inaspettatamente pop, sorretto da un basso quasi funk. Inutile dire che anche in questa cornice tutto funziona perfettamente: il brano rappresenta una piacevole deviazione all’interno del disco e ha il ruolo di alleggerire l’atmosfera in vista dell’impegnativo finale.

I tre brani finali rappresentano infatti il vero trionfo del disco e proiettano m b v al livello dei capolavori che l'hanno preceduto: In Another Way trasforma il suono aggressivo di una rumorosa base di chitarra e batteria nello sfondo ideale per un sognante riff di synth nello stile di What You Want, riuscendo a trovare il bilanciamento esatto tra rumore e astrazione. Ci si è appena ripresi ed ecco che veniamo aggrediti dall’equivalente di un pugno nello stomaco: i tre minuti e mezzo di Nothing Is espandono ulteriormente la palette dei suoni finora coperti da Shields, con la ripetizione meccanica e brutale di un’unica frase di chitarra e batteria distorta, vagamente industrial. Mai Shields e compagni avevano cercato così apertamente di stordire il proprio pubblico, ma se si ascolta con attenzione anche qui ogni particolare è calcolato: si tratta dell’introduzione al gran finale di Wonder 2, probabilmente uno dei  punti più alti toccati dalla musica di Shields finora.

La promessa del brano di chiusura di Loveless (Soon) quella di unire chitarre ed elettronica, melodia e rumore in una forma di musica totale in grado veramente di evocare uno stato di trance, viene qui finalmente mantenuta: un ritmo elettronico e insistente, vagamente jungle, si sovrappone a rumori alieni, rigurgiti di chitarre ed effetti, fino al punto di confondere profondamente la percezione dell’ascoltatore. Il riff che occupa il centro del brano è uno dei suoni più indefinibili che si possano ritrovare su un disco nel 2013 e il brano sembra seguire la sua spirale ascendente, come un razzo che sale a velocità stratosferica verso l'infinito. Solo Kevin Shields poteva realizzare un brano di questo genere, che lascia quasi senza fiato per la quantità di idee compresse in pochi minuti.

Finito l'ascolto è inevitabile porsi le classiche domande: cosa manca a questo album rispetto al capolavoro che l'ha preceduto? Il senso di unità: se lì eravamo di fronte a undici tracce concepite per essere ascoltate come un unicum (intermezzi strumentali compresi), qui ogni brano sembra costituire un piccolo microcosmo a sé. Ma per il resto m b v è praticamente perfetto: sperimentale nei suoni e nelle strutture, curato fin nei minimi dettagli eppure dannatamente melodico e accogliente, quanto di più lontano dal timore reverenziale che la musica d’avanguardia a volte è in grado di suscitare.

E’ un album fatto per essere ascoltato e riascoltato, fino ad apprezzarne anche le piccole sfumature (le chitarre rallentate di Only Tomorrow, i leggeri battiti di batteria di Is This and Yes, i picchi di volume di Nothing Is), e quindi quanto di più lontano dall'epoca della musica in streaming e degli mp3. Eppure stranamente siamo di fronte ad un disco innegabilmente moderno: non sapremo mai con certezza se Shields e compagni avessero già ben presente il futuro della musica vent'anni fa e ora si siano semplicemente rimessi al passo con la modernità; quello che è certo è che m b v è un disco in grado ancora una volta di osare e aprire nuove strade alla musica rock. E questa è una cosa che nessuno aveva il coraggio di sperare.