Conor Oberst – Upside Down Mountain (Recensione)

Conor Oberst – Upside Down Mountain (Recensione)

2017-11-08T17:15:45+00:0029 Dicembre 2014|


Conor Oberst Upside Down Mountain
Mr. Bright Eyes ci riprova da solista: ma tra arrangiamenti artefatti e orpelli superflui si dimentica di quando bastavano chitarra e voce per emozionarci.

5,5/10


Uscita: 19 maggio 2014
Nonesuch Records
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Sono lontani i tempi dei Bright Eyes, ma soprattutto sono lontani i tempi in cui Conor Oberst era un enfant prodige, uno che a tredici anni stava già registrando un album e gettando le basi per il suo futuro successo. Upside Down Mountain è la sua terza prova solista, un'opera in cui Conor prova a raccontarsi, guardando al passato con sguardo intimo. Eppure nell'insieme il tutto suona un po' artefatto, soprattutto se confrontato con il capolavoro I'm Wide Awake, It's Morning (2005), in cui la voce vibrante e sussurrata di Conor era accompagnata il più delle volte da una chitarra leggera e mai invasiva. I brani di Upside Down Mountain, accompagnati dai cori angelici delle First Aid Kit, suonano un po' finti, studiati a tavolino e riempiti di orpelli superflui, quasi fastidiosi, poiché non permettono di immergersi completamente nella voce evocativa di un Oberst che, se non ha perso la sua innata capacità di comporre canzoni, di certo non riesce a mettersi a nudo come vorrebbe.

Si parte con Time Forgot in questo viaggio nel passato ("They say everyone has a choice to make / to be loved or to be free / I told you once I felt invisible / and I guess by now you see"), che se inizia arpeggiata e ritmata solo da una voce cadenzata presto si trasforma in un trionfo di cori e fronzoli che spostano l'attenzione dalla malinconia del testo. Zigzagging Toward the Light è un altro esempio lampante, così come la successiva Hundreds of Ways, di come un ritmo accattivante e un testo sentito non bastino a riscattare un brano dall'impressione di averlo già sentito.

Artifact #1 invece si discosta dagli altri brani, essendo più asciutto e ricordandoci l'età d'oro del cantautore del Nebraska, un'età nella quale era capace di ammaliare proprio grazie a brani scarni e per questo tanto più potenti ("I keep looking back for artifacts / to prove that you were here / the sound that's been keeps echoing / it never disappears"). In parte questo discorso è valido anche per Lonely at the Top, nonostante un andamento poco interessante e non particolarmente memorabile. A seguire Double Life, nonostante sia anch'esso molto curato, è uno dei brani più gradevoli dell'album, forse per i cedimenti della voce che rendono la linea vocale più interessante e toccante.

Poi si fa notare You are Your Mother's Child, che sin dall'intro fa pensare a First Day of My Life, fortunato singolo di I'm Wide Awake, It's Morning: questa volta però, a differenza del brano del 2005, si parla di allontanamento, della necessità di crescere e imparare a cavarsela da soli (“But one day you'll be grown and then you'll be on your own”), quasi come se Conor avesse voluto riproporci la stessa canzone, ma in una versione più matura, il naturale proseguimento sintattico e artistico di uno dei punti più alti della sua produzione. Per ultima, ma non certo per importanza Common Knowledge, il brano più bello dell'album, quello che suona meno costruito e ragionato, in cui, scordati gli orpelli, per una volta viene fuori la vera voce, la vera anima di Conor.

In definitiva Upside Down Mountain è un regalo da scartare con cura, togliendo la plastica che lo avvolge per scoprirne l'anima. Augurandosi che la prossima volta Conor riesca a ricordarsi che gli basta una chitarra e la sua voce per incantarci.